lunedì 22 agosto 2011

INIZIATIVE D'ASSALTO DELLE DESTRE



Associazione Nazionale Partigiani d’Italia


Ente Morale D.L. 5 aprile 1945 n. 224

COMITATO PROVINCIALE di PERUGIA

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INIZIATIVE LEGISLATIVE d’ASSALTO DELLA DESTRA

Introduzione

Da decenni, sotto la spinta del revisionismo e del negazionismo, si sta praticando una rivalutazione del fascismo, della dittatura, dei suoi misfatti, delle stragi, delle deportazioni e del collaborazionismo che ebbe con i nazisti e si stanno minando i fondamenti della Costituzione.

Si intitolano strade e piazze ai gerarchi, nelle fiere si trovano tante bancarelle con ciondoli, cimeli, gagliardetti, dischi e libri fascisti e dai giornalai sono messe in mostra fotografie e pubblicazioni su Mussolini. Dobbiamo assistere, sempre più spesso, a degli eventi ove si pratica sfrontatamente il saluto romano e anche i convegni sulla filmografia fascista, sull’architettura fascista, sull’economia fascista e su altre attività del ventennio, che hanno finalità culturali e storiche, tendono a debordare nella celebrazione. Tutto accade nel più completo disinteresse della politica e del controllo giuridico: ma questi fatti sono riconducibili alla legge Mancino 122/1993, che condanna “chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche “ (art. 4). Con le molteplici forzature e con i mille silenzi, è stato ormai forgiato un ambiente sociale abituato a subire questi impulsi, per cui è divenuto disattento e remissivo. Alcune frange della destra considerano che siano mature le condizioni per poter cambiare la Costituzione e comunque per poterla forzare, per infiltrare nella legislazione il riconoscimento legale del fascismo.


1) Referendum di modifica costituzionale.

Il primo tentativo venne effettuato in modo diretto dal 2° governo Berlusconi con una legge che avrebbe voluto cambiare la seconda parte della Costituzione. Con il referendum propositivo che la seguì, il 25 e il 26 giugno 2006, gli italiani risottoscrissero la Costituzione del 1948, dimostrando la loro grande coscienza civile e democratica, bocciarono, con il 61,32%, i tentativi autoritari di instaurare un regime del premier, con poteri di nomina dei ministri e di scioglimento del parlamento, perché rappresentava l’anticamera di un potere forte e personalizzato.

2) Equiparazione dei militi di Salò ai Partigiani.

Il 23 giugno 2008, un gruppo di 44 deputati della maggioranza depositò una proposta di legge per fare istituire “L’Ordine del Tricolore”. Nella introduzione si legge che questo veniva considerato un atto dovuto “verso tutti coloro che oltre sessanta anni fa, impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento, convinti della bontà della loro lotta per la rinascita della Patria. Non s’intende …. sacrificare la verità storica di una feroce guerra civile …. ma riconoscere la pari dignità di una partecipazione .…”: per quanto lo si voglia attenuare, il concetto è di parte e mistifica la storia. Continuando all’articolo 1, si legge: “L’onorificenza è conferita a coloro che hanno prestato servizio militare, per almeno sei mesi, in zona di operazioni, anche a più riprese, nelle Forze Armate italiane durante la guerra 1940/1945 e invalidi, nelle formazioni armate partigiane o gappiste, regolarmente inquadrate nelle formazioni dipendenti dal Corpo Volontari della Libertà, ai combattenti della guerra 1940/1945, ai mutilati e invalidi della guerra 1940/1945 titolari di pensioni di guerra e agli ex prigionieri o internati nei campi di concentramento o di prigionia, nonché ai combattenti nelle formazioni dell’esercito nazionale repubblicano durante il biennio 1943/1945” il d.d.l. fece insorgere una protesta generale, guidata dal Presidente Oscar Luigi Scalfaro e dall’ANPI, che durò per mesi, finché non venne ritirato il 28 aprile 2009.

Con il ritiro, però, non si parlò più dell’onorificenza e dell’assegno collegato (€ 200,00), a dimostrazione di quanto la proposta fosse stata pretestuosa e utile a scopi deviatori dall’intenzione dichiarata. Il silenzio successivo e attuale è la prova come poco si considerino tutti coloro che effettivamente combatterono per libertà e l’onore dell’Italia. Sarebbe sufficiente ripresentare l’articolato, edulcorato dalle parole equiparative ed evocative della RSI e dichiarare che si vuole concedere l’onorificenza ai soli Volontari della Libertà. Con un atto simile si metterà fine ai reiterati tentativi di equiparazione. Infatti, la proposta di legge non era solamente mistificatoria, ma avanzava una etica storica negazionista, poiché, con gli uomini, venivano riconosciuti uguali alla presente Repubblica democratica, anche gli stati fascista e nazista. L’esercito legittimo del Regno d’Italia veniva offuscato e venivano umiliati e denigrati tutti i soldati che non si arresero ai tedeschi e che patirono e morirono nei campi di sterminio, o che furono trucidati. Inoltre si sottintendevano contestati e irrisi tutti i partigiani. La stessa continuità storica, dal 1945 ad oggi, subiva un’onta di legittimità e si dava un vulnus politico alle Istituzioni.

A quanto sembra, alligna ancora un filone fascista di grande rivincita, che neppure 65 anni di pace e di democrazia hanno saputo far superare.

3) Abrogazione della XII disposizione transitoria e finale/C.

La Disposizione dichiara al primo comma: “E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.” Il 29 marzo 2011, i senatori del PDL Cristiano De Eccher, Fabrizio Di Stefano, Francesco Bevilacqua, Giorgio Bornacin e Achille Totaro depositano un disegno di legge, che invertiva il dettato costituzionale: “la XII disposizione transitoria e finale è abrogata”. Nell’enunciato vi è un attacco diretto alla condanna del fascismo, poiché si vuole togliere l’ostacolo più palesemente espresso in Costituzione. La prefazione alla proposta non affronta la specificità della riorganizzazione del partito fascista, ma decontestualizza la proibizione, allacciandosi alla durezza della legge Scelba 645/1952, che ne fu attuativa. Visto che in questa sono enumerati molti comportamenti, fra cui il divieto di apologia e di raggruppamento in più di 5 unità, qualora si perseguano scopi e azioni di spirito fascista, viene dichiarato che “è parsa a molti, sin dall’inizio, esageratamente ampia, dettagliata e punitiva, in particolare nella individuazione di una serie di tipologie di reato reputate in qualche modo prodromiche o concorrenti rispetto all’evento – la ricostruzione del partito fascista – che si voleva di fatto impedire. In realtà, il riferimento all’apologia delle manifestazioni trova una sua ragione d’essere esclusivamente ove tali fattispecie siano valutate come passaggi oggettivamente finalizzati ad un progetto complessivo articolato e dalle potenzialità concretamente attualizzabili, altrimenti le osservazioni e le stesse perplessità, in relazione alla possibile incompatibilità delle misure introdotte con quanto previsto, proprio dalla Carta Costituzionale, in materia di libertà di pensiero, avrebbero un loro indubbio fondamento e una legittimazione difficile da confutare”.

Il passaggio spiega che i senatori considerano la legge, come sempre hanno sostenuto il MSI e i suoi successori, lesiva della libertà di pensiero, se non si dica espressamente che si vuole ricostruire il partito fascista e non vi sia una struttura complessa e grandemente dimensionata. Con ciò vogliono giustificare e vogliono salvare quella selva di gruppuscoli di destra che esprimono idee eversive ed inneggiano agli idoli fascisti, ma concludono, che sono innocui, perché non hanno una poderosa consistenza. Non si comprende perché i senatori reputino che ci sia reato di apologia solamente nel caso che esista una organizzazione con caratteri nazionali e non anche in condizioni di soggettività o di piccoli gruppi. Poi spostano il commento sulla transitorietà, che giudicano da applicare, perché “quel” partito fascista non si può più ricostruire, come avrebbe potuto esserlo subito dopo la guerra. Quindi interpretano che la norma sia stata voluta come protezione e garanzia negli anni postbellici, quando ancora erano in vita molti dirigenti e molti adepti fascisti. E concludono: “Da allora il quadro civile, culturale, sociale e politico è radicalmente mutato, anche in ragione del superamento definitivo a seguito della caduta del muro di Berlino, di quella ideologia comunista che tanti condizionamenti era riuscita ad esercitare, e si è determinata, con il contributo di tutti, una situazione assolutamente nuova e diversa rispetto a quella, teniamolo a mente, di oltre 60 anni or sono”.

Sorprende seguire la dissertazione, perché distorcendo il significato della ricostruzione, in nome della libertà, i senatori asseriscono che si possano mantenere nella società centinaia di gruppuscoli che si ispirano al fascismo, mentre occorre cambiare la Costituzione perché influenzata da condizionamenti comunisti. La chiusura, finalmente, tradisce l’intenzione della richiesta. Le posizioni dei fascisti sono sempre le stesse e, come sempre, non vogliono rispettare altre controparti, che, come sostengono, sono comuniste. L’interpretazione, se prima svalorizzava il principio costituzionale, ora lo svilisce storicizzandolo. Le leggi Scelba e Mancino dimostrano tutta la loro attualità. Si constata anche la validità e la lungimiranza del pensiero dei Costituenti, perché la prescrizione è assoluta, secondo il quadro di rigidità nel quale è inserita la Carta. E’ anche finale, in quanto suggella la Costituzione, ne è il cardine e la spiegazione, mentre sono transitorie quelle declaratorie che nell’enunciato contengono tempistica, come appunto il secondo comma della stessa XII disposizione, che già è stato applicato.

Il ddl 2651di De Eccher ed altri è depositato al Senato, ma non è stato ancora assegnato alla Commissione Affari Costituzionali.

4) Riconoscimento delle associazioni combattentistiche.

I deputati Gregorio Fontana e Marcello De Angelis del PDL e i deputati Franco Gidoni e Giovanni Fava della Lega Nord, il 28 aprile 2010 depositarono un progetto di legge che ha concluso l’iter in Commissione Difesa, con esito favorevole, il 31 maggio 2011. La proposta di legge 3442, prevede il riconoscimento giuridico, con concessione di contributi finanziari, anche per progetti concernenti il recupero e la tutela di siti museali e di sacrari militari, e di locali presso le caserme e altri edifici dell’esercito, alle associazioni di interesse delle Forze armate, “individuate con uno o più decreti del Ministro della Difesa” (art. 1,2). Le associazioni sono esclusivamente riferite al ministero della Difesa [al ministero militare] e, articolo 2, “…… si distinguono in a) combattentistiche; b) d’arma; c) di categoria. Le associazioni combattentistiche sono costituite fra ex combattenti, reduci di guerra o di prigionia e da coloro che, condividendone il patrimonio ideale, i valori e le finalità, intendono contribuire alla realizzazione degli scopi associativi”

Subito si nota un potere assoluto del Ministro della Difesa, che potrà scegliere e inventarsi associazioni a sua immagine, mentre quelle che fanno capo agli altri corpi in divisa, come le Fiamme gialle o la Polizia, sono escluse. Inoltre si osserva che non vi è alcun limite e specificazione fra le associazioni di ex militari, attualmente private e libere, che possano iscriversi. L’offerta della partecipazione è data a tutte, senza discriminante, anche a quelle che si richiamano alla Repubblica Sociale (Brigate nere, G.N.R., M.D.T., SS italiane, X MAS, ecc.), e si accetta da ciascuna il proprio patrimonio ideale. Questa legge non ripropone, ancora una volta, il solo riconoscimento dei militi repubblichini, ma anche quello dei luoghi della RSI, filtrati in un discorso di rilevanza storico-culturale: quindi troveremo onorati in modo ufficiale, con soldi pubblici e con picchetti dell’esercito della Repubblica della Resistenza, anche la tomba di Mussolini, le tombe dei ministri fascisti e tutti quei siti e cippi, dove caddero i camerati, che verranno ricostruiti e rivisitati.

Anche le altre disposizioni, non essendo ben definite, suscitano inquietudine e incomprensioni,

L’articolo 1., prevede che le associazioni abbiano, fra le altre finalità: “b) il perseguimento, in ambito nazionale, con attività regolarmente programmate, di fini di utilità sociale di rilevante interesse nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in quello della protezione civile”. Significa che tali gruppi di civili saranno ausiliari dell’esercito? La sicurezza nazionale e la difesa, o parte di queste, che necessitano di alta specializzazione e segretezza, ed hanno compartecipazione della NATO, potrebbero essere affidate al volontariato? Quali sono i limiti di tali affidamenti? E la protezione civile significa ordine interno? Sembra un tentativo di rigenerare le ronde, ma con compiti più vasti e più oscuri. Quelle di Maroni erano disarmate, controllate dai prefetti e con requisiti stabiliti per legge: ora ogni persona, anche straniera, può entrarvi, perché non esiste altra condizione, se non la discrezionalità del ministro e dei superiori. Poiché la declaratoria prevede che le associazioni debbano essere “di interesse delle Forze armate” e abbiano “attività regolarmente programmate”, include il progetto in un cono di autoreferenzialità e nascosta riservatezza, che sarà sottratto dal controllo democratico e dalla trasparenza. Successivamente viene pure dichiarata, al punto d) (“La disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo ….”), l’intenzione di militarizzare gli associati. E poi: “Al fine di ottimizzare l’impiego delle risorse, sono incentivate forme di aggregazione fra associazioni che perseguono finalità omogenee” (Art. 3,2). Considerato che le finalità non possono che essere omogenee, in quanto dettate per legge, la locuzione è esclusivamente finalizzata alla formazione di un corpo nazionale di volontari.

Collegando i vari passaggi, si evidenzia che le associazioni vengono ad assumere indubbi caratteri paramilitari e segreti e che, pertanto, la legge è da considerarsi incostituzionale, contrastando con la proibizione dall’articolo 18/C. Ci troviamo di fronte ad un arruolamento occulto e alla formazione di un esercito parallelo. In nessun articolo è previsto che i volontari non possano usare e possedere le armi. Inoltre i commi all’articolo 1, al punto g) echeggiano la scuola di mistica fascista, passi del manifesto di Verona, la legge sulla socializzazione della RSI e la scuola paramilitare del sabato fascista. Si vorrebbe costruire un nuova Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e, come allora, mescolarla all’esercito?
l’intenzione richiama lo stesso modello e ripercorre gli stessi passaggi storici.

Conclusioni

Analizzando il susseguirsi di questi disegni di legge, si assiste ad una trama politica preordinata, efficiente, caparbia e aggressiva, che porta sempre alla riabilitazione della RSI. Non può essere dimenticato che la Repubblica di Salò, a causa dell’occupazione dell’esercito invasore tedesco, fu proclamata, su ordine di Hitler, il 23 settembre 1943, rivendicando la propria sovranità su tutto il territorio del regno d’Italia, da un Mussolini che non aveva più alcun incarico ministeriale e che era un evaso. Alla sudditanza tedesca, aggiunse l’onta del tradimento alla legittima sovranità del Re e del governo Badoglio, portando al tradimento tutti i suoi aderenti. Anteponendo l’ideologia fascista alla difesa del suolo patrio, combatté con i nazisti i propri connazionali. Dopo aver spaccato lo Stato in due zone, divenne il puntello dei nazisti e lo strumento delle deportazioni, delle fucilazioni, delle delazioni. La retorica fascista dell’amor di patria, la quale giustificò, e ancora giustifica la nascita della RSI, si liquefece davanti al Terzo Reich, quando accondiscese di cedere i circondari del Nord-Est, comprendenti le attuali provincie di Trento, Bolzano, Belluno, Pordenone, Gorizia, Udine e Trieste, e quello che allora era territorio italiano: Lubiana, Zagabria, Fiume, Pola e Zara. In queste regioni, nei quali governavano le SS, era proibita la bandiera italiana, non si poteva entrare e pernottare se non con il permesso e i militari italiani della Milizia Difesa Territoriale (MDT) giuravano così: “ Davanti a Dio presto questo giuramento: che nella lotta per la mia patria italiana, contro i suoi nemici, sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler, comandante dell’esercito tedesco e quale valoroso soldato sarò pronto in ogni momento a dare la vita per questo giuramento”. La RSI finì il 25 aprile con la fuga di Mussolini da Milano e non venne riconosciuta come stato belligerante dagli Alleati nelle trattative di pace a Parigi: abbiamo il dovere morale, storico e civile di non riesumarla.



Nel nome dei 45.000 partigiani uccisi, dei deportati e dei 650.000 soldati che non si arresero, il Comitato Provinciale ANPI di Perugia chiede chele Istituzioni democratiche

1. si esprimano contro questi tentativi antistorici e riabilitatori dei fantasmi fascisti, che sconfessano la Costituzione e la Repubblica, ATTRAVERSO UN ORDINE DEL GIORNO, O ALTRO ATTO, ESPRESSO DAL CONSIGLIO ELETTIVO, sul ddl 3442/Camera “Disposizioni concernenti le associazioni di interesse delle forze armate” e sul ddl 2651/Senato “Abrogazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione”

2. lo inviino al Presidente della Repubblica, al Presidente del Senato, al Presidente della Camera e al Presidente del Consiglio Regionale, affinché si confezioni un registro pubblico della protesta del popolo umbro;

3. vigilino perché non siano concessi luoghi e palazzi istituzionali alle manifestazioni delle associazioni che si richiamano all’ideologia fascista.

Nella speranza che l’impugnazione sia adeguatamente portata a conoscenza dei cittadini, con manifesti e altri mezzi di comunicazione, esprime cordialità e ringraziamenti.


Perugia, 2 agosto 2011

Il responsabile organizzazione, Giovanni Simoncelli

Il presidente, Avv. Francesco Innamorati c.g.v.m

Ora e sempre Resistenza

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