Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
Ente Morale D.L. 5 aprile 1945 n. 224
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COMITATO PROVINCIALE di PERUGIA
Relazione al XV congresso provinciale
Nella nostra provincia, come è accaduto in tutte le parti d’Italia, l’apertura dell’Associazione agli antifascisti nati dopo la Resistenza, ha portato all’ampliamento della base degli iscritti, al ripopolamento delle sezioni e alla fondazione di altre. Attualmente contiamo 516 tesserati e 11 sezioni.
Dall’ultimo congresso ad oggi, si sono ricostruite le sezioni di Città di Castello e di Todi, che erano ridotte ad alcune unità ciascuna. E’ stata ripristinata la sezione del Trasimeno, nella città di Castiglione del Lago, al posto di quella di Magione formatasi dopo la guerra e poi chiusa. Sono state istituite 3 nuove sezioni: a Perugia città, a Ponte San Giovanni e a Bevagna, mentre le sezioni di Umbertide, Pietralunga, Marsciano, Foligno e Spoleto, insieme al Comitato Provinciale, dalla fine della guerra ad oggi, hanno mantenuto sempre la loro attività. In questo frangente occorre rendere un doveroso omaggio alla sezione di Spoleto, che è forse la più antica d’Italia, aperta nell’agosto 1944, prima ancora del riconoscimento con decreto luogotenenziale dell’Associazione Nazionale avvenuto nell’aprile 1945: infatti con una missiva, conservata nell’Archivio di Stato di Spoleto, il partito d’Azione, incaricò il patriota Loreti Gian Paolo a costituirla, ed egli ne è stato subito segretario negli anni 1944 e 1945 e poi ne divenuto presidente dal 1982, cioè da 29 anni. Un deferente saluto e grande riconoscimento occorre inviare a Mario Bonfigli, medaglia d’argento V.M., che ha retto dal 1972 ad oggi il Comitato Provinciale, prima come segretario, poi come presidente, e insieme a lui salutiamo: Innamorati Francesco, Mirella Alloisio, Paolo Montacci, che con abnegazione e passione hanno vivificato l’ANPI di Perugia, hanno raccontato per 60 anni la loro esperienza partigiana e hanno sostenuto gli ideali della Resistenza. Per loro merito ora noi abbiamo l’onore di assumere questa Organizzazione gloriosa, ma abbiamo contemporaneamente la responsabilità di continuarne l’opera e ampliarla a tutti i concittadini antifascisti.
Il nostro Comitato Provinciale ha ormai le potenzialità per proporsi a tutte le Istituzioni pubbliche, alle associazioni e ai partiti, ed ha una articolazione di sezioni che permette di coprire tutto il territorio perugino. Inoltre siamo in predicato di costruire almeno altre due sezioni (a Fossato di Vico e a Montecastello di Vibio con Fratta Todina), quindi contiamo di superare nel 2011 gli 800 iscritti.
In questi anni abbiamo stretto un rapporto costante e proficuo con le Camere del lavoro territoriali e la CGIL regionale, che ci corrobora e ci dà una sponda operativa. Al proposito vorrei suggerire ai congressisti di iscriversi alla gita commemorativa, organizzata dallo SPI-CGIL di Bastia Umbra, che faremo il giorno sabato 7 maggio a Gattatico per visitare la Casa dei fratelli Cervi. Siamo inoltre in contatto con l’associazione Libera e con l’ARCI. Le iniziative più salienti che abbiamo fatto, senza tener conto delle conferenze, dei comizi, delle lezioni nelle scuole e delle puntuali presenze il 25 aprile con la nostra bandiera sulle piazze dei Comuni ove hanno sede le sezioni, sono state:
1. l’inaugurazione, nel mese di maggio 2008, di un monumento in memoria di Primo Ciabatti a Pianello di Cagli, nel luogo ove venne trucidato dai tedeschi,
2. la decorazione con una medaglia onoraria di tutti i gonfaloni dei comuni della provincia di Perugia, nell’ambito di un Consiglio Provinciale aperto, convocato per la celebrazione del 60° anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione, il giorno 19 giugno 2008,
3. l’intitolazione di una piazza nella città di Norcia, il giorno 2 dicembre 2008, a Rosa Marucci Colacecchi, medaglia d’argento al Valor Militare della Resistenza, locandiera che rifocillava e rifugiava i partigiani della banda Melis e che curò e ospitò, quando fu ferito, il comandante capitano Ernesto Melis, sprezzando il pericolo della deportazione e della fucilazione per sé e per i figli,
4. la posizione di una targa, nel mese di aprile 2010, a Ponte San Giovanni, in ricordo e in omaggio della brigata Proletaria d’urto San Faustino e intestata al partigiano Luigi Bellucci, di Gubbio, morto in combattimento,
5. nel 2008 e nel 2010 abbiamo celebrato a Pietralunga, nel cui territorio avvenne la guerra partigiana della San Faustino, la festa regionale dell’ANPI, e nell’ultima riunione il Comune ha consegnato la cittadinanza onoraria ai partigiani viventi non residenti.
Inoltre occorre ricordare che alcune sezioni commemorano ogni anno eventi significativi:
a) la sezione di Marsciano, a Deruta, ricorda la Banda Leoni e la fucilazione della medaglia d’oro Mario Grecchi,
b) la sezione di Todi ricorda i fucilati civili da parte dei tedeschi della frazione di Pontecuti e del comune di Montecastello di Vibio,
c) la sezione di Bevagna, dal 25 aprile al 1° maggio, celebra, nel castello di Castelbuono la settimana della Pace,
d) la sezione di Umbertide, in collaborazione con il suo Comune, bandisce da 25 anni un concorso nazionale di poesia che ha per tema la Resistenza e la Liberazione e i componimenti vengono premiati il 25 aprile,
e) tutte le sezioni stimolano i Comuni che hanno un cippo o una edicola che ricordi un episodio della guerra partigiana, a depositarvi ufficialmente una corona di alloro nel giorno della ricorrenza o almeno il 25 aprile.
Siamo Inoltre soci:
· dell’Isuc (Isituto per la storia dell’Umbria Contemporanea)
· della Tavola della Pace, che organizza la marcia Perugia-Assisi,
· del Comitato umbro per l’acqua bene comune, promotore del referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua.
Le attività descritte sono state fatte dalle sezioni, perché il Comitato Provinciale esercita di norma solo una supervisione. Per statuto é deputato alla distribuzione delle tessere e al controllo politico dei tesserati, affinché sia difesa l’etica della Associazione. Il suo sostentamento è basato sulla sottoscrizione della quota-tessera, che vale € 6,00, dei quali € 3,00 devono essere riversati alla Segreteria nazionale. Nel 2010 abbiamo avuto un’entrata di € 1548,00, che sono serviti per l’ordinaria amministrazione: telefono, francobolli, inchiostro, carta, fotocopie, viaggi, parcheggi, direzione nazionale, corone di alloro; sono stati inviati € 300,00 all’ANPPIA, affinché l’Associazione possa mantenere la sua presenza a Perugia. Negli anni 2009 e 2010, considerato che l’attività è stata svolta in due segmenti, dal Presidente Montacci Paolo e da me, come incaricato all’organizzazione, sono state tenute due notule delle spese, ma non sono state unificate. Quest’anno si è cominciato a riscuotere tessere per € 582,00, mentre abbiamo già avuto spese ordinarie e per la preparazione del congresso di € 541,60. In questo momento si prevede un incasso totale di € 3600,00, ma occorre detrarre la quota di acquisto della tessera, la quota ANPPIA, la spesa del delegato al congresso nazionale per circa € 700,00, che assommate ad ulteriori spese di gestione, porta sostanzialmente al pareggio delle entrate. Comunque il bilancio, dopo il congresso provinciale, sarà portato avanti dal responsabile amministrativo e sarà controllato dai revisori dei conti.
In ogni sezione gli iscritti hanno propositi di realizzare molte attività che non solo ricordino la Liberazione, ma che istruiscano sulle norme costituzionali sotto l’aspetto giuridico, filosofico, politico e storico.
Tutti gli opinionisti e il giornalismo revisionista da due decenni diffondono l’idea che noi rappresentiamo un ambito ideologico ristretto, datato e da superare: in realtà è la società italiana che ha fatto un passo indietro nella cultura politica e nella vita economica. In effetti non possiamo non parlare degli avvenimenti che viviamo e dell’eversivo governo di Berlusconi e della deriva antidemocratica che persegue da sempre. Lo Stato è personalizzato e aziendalizzato: l’obbedienza succube che richiede e che sfiora il vassallaggio; le prepotenze e le minacce che esercita verso i produttori di cultura a lui alternativa nella televisione, nella scuola, nei giornali; i travalicamenti del proprio potere in altre Istituzioni; le commesse statali mischiate con appalti personali; il rifiuto di presentarsi in tribunale; la copiosa legiferazione ad personam, sono infiniti atti che riportano ai privilegi dell’antico regime, quando il monarca era ab legibus soluto e richiamano il modo di governare di un feudatario. Alcuni commentatori giudicano che ormai viviamo in piena dittatura mediatica e proprietaria. Berlusconi, invocando la legittimazione dal voto, come se fosse una investitura, tende ad assommare nelle sue mani, oltre al potere amministrativo, anche il potere legislativo e giudiziario. E bisogna notare che sotto questo aspetto non ha alcun contrasto culturale e politico: può continuamente urlare in tutte le televisioni, che siccome è stato votato, può fare quello che vuole, può andare contro i giudici, contro il Presidente della Repubblica, contro una diabolica Costituzione, e sembra che ormai vi sia una accondiscendenza generalizzata.
Ha depotenziato e svuotato di significato politico il Parlamento, dettando l’agenda dei lavori e delle leggi, governando solo con decreti sottoposti sempre alla votazione di fiducia e acquistando deputati per le sue maggioranze, come già era stato ampiamente subito e sperimentato dal popolo Italiano nell’Italia sabauda. Con tali metodi, non solo non è più possibile parlare di democrazia, perché lo Stato diventa ostaggio della immane ricchezza e della potenza di mezzi mediatici della sua persona, ma non è più possibile parlare neppure di rappresentanza, poiché i deputati, non più legati ai partiti e ad una propria ideologia politica, saltano da un banco all’altro, scollegandosi dalle migliaia di persone che li hanno votati. I Padri Costituenti, coscienti di questi pericoli, che sono funzionali a tentativi autoritari e personalizzati, e inoltre memori degli accadimenti del parlamento maggioritario nell’Italia monarchica e liberale, hanno chiamato la nuova Italia Repubblica democratica ed hanno indicato nel sistema proporzionale il metodo delle votazioni, perché più equo e meglio rappresentativo del pensiero dei votanti. Purtroppo il sistema è stato abbattuto da un referendum nel 1993 voluto dalle destre e accettato dall’assenza culturale e storica della sinistra. Successivamente, con il porcellum di Calderoli, che ricopia la legge Acerbo, la quale fu propedeutica alla dittatura di Mussolini, Berlusconi ha potuto prendere il 55% dei seggi in parlamento avendo però ottenuto solo il 47% dei suffragi. In questi anni Berlusconi ha reintrodotto il reato di appartenenza per gli stranieri, come fecero i fascisti con le leggi speciali per gli ebrei, ha manomesso il codice penale per i misfatti economici, cancellandone i reati e i controlli, abrogandone le pene e introducendo permissivismo e abusivismo. Pochi giorni fa la Corte dei Conti ha denunciato che la corruzione è salita del 30% e nel contempo la Confindustria ha dichiarato che l’economia sommersa vale 120 miliardi di euro, cioè il 10% del PIL.
Rispetto alla Magistratura, propone una vera e propria capriola all’indietro, perché vuole modificare l’impianto garantista. Vuole introdurre la doppia carriera dei giudici, con due Consigli Superiori della magistratura, frazionando il sistema giudiziario e contrapponendolo in due fazioni, così che sarà debole, sempre contraddittorio e svilito presso l’opinione pubblica. Come in tutte le dittature vuole controllare le funzioni del Pubblico ministero, sottoponendole alle indicazioni dettate dal guardasigilli, come fece Mussolini. Se questo stravolgimento venisse attuato, avremo un colpo di stato, perché attraverso il Pubblico ministero messo sotto tutela, potranno essere perseguiti unicamente coloro che deciderà il Governo, cioè quelli della parte politica avversa e i loro concorrenti negli affari.
Per consolidare il meccanismo vuole anche colpire il sistema giurisdizionale delle intercettazioni, togliendole dalla potestà del giudice istruttore e mettendole nelle mani dell’esecutivo: costruisce con strumenti moderni una nuova OVRA, introducendo un vero e proprio sistema di controllo discriminatorio, abusivo e liberticida sulle persone e sulle istituzioni. Completa il piano depennando l’articolo 112 della Costituzione, stravolgendo in modo grave la parità di tutti i cittadini di fronte alla legge. Questo comma, che impone l’obbligo del perseguimento d’ufficio dei reati penali, è stato la maggiore conquista di eguaglianza mai praticata nei secoli in Italia ed è avvenuta per merito della Resistenza. Avremo un’attività giudiziaria penale che agirà solo se sollecitata dalla parte offesa, come per i reati civili, e quindi molti delitti resteranno sospesi e trascurati. Le classi povere e le classi deboli saranno sempre più escluse dal sistema giudiziario, mentre i ricchi e i potenti saranno sempre più distanti e intoccabili. Poiché i costi ministeriali saranno a carico di coloro che attiveranno il processo, molti preferiranno tacere e non denunciare e in mezzo alla popolazione allignerà nuovamente la piaga del servilismo. Le umiliazioni, i ricatti e gli abusi non emergeranno, né verranno riconosciuti, ma cresceranno le angherie, le prepotenze e i soprusi. La cancellazione dell’articolo 112 causerà l’incitamento alla giustizia privata e al disordine sociale. Le mafie e le bande brigantesche prolifereranno e sarà ripristinata la legalità di don Rodrigo.
In questo senso Berlusconi si mostra l’antesignano di tutte quelle forze reazionarie, codine, clericali, anticostituzionali, antiunitarie, antidemocratiche e antiresistenziali che l’Italia non ha saputo edulcorare nella sua storia unitaria e nel tempo della Repubblica. La Germania, per tagliare con il passato, ha condannato il nazismo, i suoi misfatti e l’ha sconfessato pubblicamente: in Italia non è mai avvenuto, non sono state condannate le guerre coloniali, non è stato condannato il fascismo, non sono state condannate le sue persecuzioni e le sue prigioni e neppure la Repubblica di Salò.
Ci troviamo invischiati in ideologie inneggianti al razzismo e al ventennio. Tuttavia, anche se subisce violenti spallate, l’impianto democratico e istituzionale impostato dai Costituenti, è ancora solido e dimostra la sua efficacia. Alla legge fondamentale ancora si ispira il comportamento della maggior parte degli italiani, anche di destra, poiché si è mostrata effettivamente garantista dei diritti soggettivi e collettivi e rappresentativa delle culture che l’hanno generata e che vivono nella Penisola.
In questi ultimi tempi abbiamo visto il vero tratto del potere berlusconiano, che tende al mutamento della democrazia, alla accettazione della figura di Mussolini e alla fascittizzazione dell’Italia, al controllo delle libertà personali e della informazione, alla gerarchizzazione della società e alla limitazione del diritto di uguaglianza, all’accentramento dei poteri e alla cancellazione dello stato sociale. Nel disegno non è solo, ma è aiutato da alcuni settori della Curia Romana, da alcune parti della Confindustria, dal mondo finanziario e bancario, dalla destra politica, dalle aziende detentrici i grandi monopoli. Purtroppo da circa 20 anni non viene più presa come pietra angolare della convivenza civile la trilogia “liberté, egalité, fraternité” ma l’ideologia del mercato globale, e in sua funzione viene tutto mercificato. L’impianto politico previsto rispetta benissimo le indicazioni del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea, che hanno sempre combattuto il welfare e insistono continuamente che ogni pubblico servizio debba essere privatizzato. I centri di potere capitalistici sovranazionali si ispirano al liberismo classico, il vecchio “lassez faire – lassez passer", che teorizza il libero mercato, e vuole che gli Stati siano al suo servizio e devono provvedere a rimuovere gli ostacoli che impediscano la circolazione delle merci e dei capitali. La grande finanza e i controllori dei flussi monetari contrastano i sistemi statali fortemente strutturati, le istituzioni di protezione sociale e le collettività che hanno una ispirazione socialdemocratica. Sotto questo aspetto Berlusconi è molto chiaro e in linea, quando definisce “sovietica” la nostra Costituzione e quando appella “comunisti” tutti coloro che gli sono contrari nella politica e nel pensiero.
La realizzazione di questo progetto sovversivo e il vero attacco alla Costituzione, ai suoi valori e al suo impianto ideologico sta avvenendo attraverso il federalismo fiscale. Questo nuovo istituto, che non deve essere confuso con il regionalismo costituzionale, che prevede il solo decentramento amministrativo, è fondato sulla imposizione fiscale autonoma e indipendente da parte della Regione e sulla proprietà di quelle parti dello Stato che insistono nel suo circondario. L’ attuazione comporterà subito la perdita dell’unità della Nazione. Si avrà uno Stato legato da pochi elementi: l’esercito, che sarà privatizzato, le grandi infrastrutture, che saranno di pochi monopoli, il governo centrale, che si interesserà solo di politica estera e opererà solo con documenti di indirizzo nella gestione interna. Noi patiremo, come nel 1815, una nuova Restaurazione, con tanti popoli e con altrettanti dialetti, con la cancellazione dei contratti nazionali del lavoro e dei diritti dei lavoratori, con scuole e sanità locali, con magistrature e polizie locali, con ambiti economici locali, ma con banche e finanziarie sovranazionali, le cui sedi insisteranno sia nelle ricche regioni del nord, come già lo sono, che all’estero. Tutta l’Italia peninsulare sarà depauperata e scivolerà in una condizione di sussistenza.
Il nuovo ordinamento, con il trasferimento di grandi oneri dallo Stato centrale alle Regioni e ai Comuni, senza risorse adeguate sarà il grimaldello che scardinerà il sistema del welfare state. Solamente 5 regioni (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, e Marche) presentano un residuo fiscale attivo, cioè riescono a coprire i trasferimenti di competenza, mentre le altre sono ampiamente passive nel rapporto fra le entrate e le spese consolidate. La situazione é già aggravata dai tagli alle Regioni di 24 miliardi di euro previsti dalla attuale finanziaria di Tremonti, per cui si avrà il collasso istituzionale e molti territori potrebbero essere commissariati. Si prevede che si ottenga il pareggio di bilancio con il taglio del 30% delle uscite. Questa situazione non potrà che comportare la vendita dei beni demaniali trasferiti, come le spiagge, i boschi, i fiumi e i laghi, le caserme, i palazzi storici, le strade e i musei e la privatizzazione dei trasporti, della scuola, della sanità, della ricerca, dell’acqua, del metano, dell’energia: l’Italia sarà privatizzata, entrerà in mano a multinazionali e a poche persone italiane ricche, considerato che solo il 10% della popolazione possiede il 50% della ricchezza nazionale.
Con la privatizzazione dei beni pubblici, cioè della res publica, quella che sostiene il valore dei servizi erogati dalla pubblica amministrazione e per mezzo dellala quale si attuano i diritti soggettivi, terminerà il cammino dello Stato moderno in Italia, quindi della cultura illuminista, delle garanzie lavorative e delle idealità innervate dal Risorgimento e dalla Resistenza. Avrà termine anche il percorso dello Stato socialdemocratico, simbolo dell’occidente, della sicurezza sociale verso i bisogni collettivi e soggettivi, il quale ha portato l’Italia fuori dall’indigenza e dall’analfabetismo, mettendola nel novero delle potenze culturali e industriali mondiali. In questo modo saranno centrate le finalità del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea e il miliardario Berlusconi si mostra il governante adatto e necessario a realizzarle. Non solo ne è garante, ma è anche insostituibile, poiché è nel contempo populista e catalizzatore di tutti voti della destra, tanto da poter conseguire la maggioranza politica in Parlamento. Quindi Berlusconi è molto forte e basa il suo potere, oltre che sul voto interno, anche sull’appoggio internazionale dei grandi finanzieri e banchieri. Cosciente della situazione, ricatta ed usa il ruolo per svincolarsi dalle procedure giudiziarie. L’operazione messa in atto da Fini, per ridare un viso presentabile alla destra, non è riuscita, perché condotta male, in solitaria e perché sventata dallo stesso Berlusconi. Sembra ormai ineluttabile che noi andremo verso un federalismo disastroso, così come dovremo subire Berlusconi come Presidente del Consiglio fino alla fine della legislatura e forse come Presidente della nuova Repubblica.
Considerato questo scenario, la funzione dell’ANPI diventa essenziale e strategica.
Innanzi tutto perché ha titolo storico e culturale per difendere l’unità della Nazione, poi perché, essendo l’associazione dei Partigiani, rappresenta la continuità dell’Assemblea Costituente. Nascendo da queste radici, può diventare la grande madre che fa risorgere le speranze e fa ritornare la popolazione ad essere partecipe della vita politica. Noi lanciamo proposte di progresso e di speranza, perché richiamiamo i principi di eguaglianza, solidarietà e giustizia sociale. Questa mattina, in 46 città italiane, Perugia compresa, si stanno svolgendo manifestazioni unitarie con l’ANPI in difesa della Costituzione e della scuola pubblica.
L’ANPI è considerata la culla dei principi fondativi della Repubblica, non solo da chi è socio, ma anche da tutti coloro che la conoscono e che sono antifascisti. Come afferma Dacia Maraini, è la “custode del nostro più nobile passato”. La sua presenza in tutte le provincie, la capillare distribuzione delle sezioni, la massiccia adesione, circa 150.000 aderenti, costituiscono le potenzialità affinché si metta al centro di un grande movimento culturale e riformatore che faccia uscire il Paese dalla sudditanza del pensiero unico e annulli il disegno del federalismo fiscale e di tutte le altre riforme costituzionali. L’ANPI ha l’obbligo di difendere la Repubblica della Resistenza. Raccogliendo intorno a sé tutti movimenti, le associazioni, i forum, i giornali, i sindacati, i partiti, può costruire un nuovo Comitato di Liberazione Nazionale, che diventi fonte di scienza sociale, che riscopra la nostra storia, che blocchi il revisionismo e il negazionismo, che costruisca disegni di legge applicativi delle norme costituzionali da presentare al Parlamento e ai Consigli Regionali. Non è più tempo di fare solo manifestazioni, solo denuncie e solo presenze istituzionali. Nel documento programmatico congressuale della Direzione, che viene ampiamente condiviso ed approvato, troviamo delle proposte valide.
L’ANPI Nazionale ci invita ad impegnarci:
1) per una riforma della legge elettorale,
2) per una magistratura autonoma e indipendente,
3) per la scrittura di norme che difendano l’eguaglianza e siano cancellate quelle ad personam,
4) per una scuola laica, universalista e pubblica,
5) per la difesa dell’unità nazionale,
6) per la lotta al razzismo e alla xenofobia,
7) per una informazione libera e indipendente,
8) per ridare al lavoro la centralità sociale e riconsiderarlo fondamento dello Stato, senza più attribuirgli la sola accezione dello scambio opera=salario.
Tuttavia noi pensiamo che occorra aggiungere altre finalità, che discendono dalle argomentazioni esposte:
a) la difesa dei diritti collettivi e soggettivi e la difesa del welfare state
b) la questione democratica e la rappresentanza parlamentare
c) il mantenimento delle istituzioni elettive nei vari gradi istituzionali
d) la conservazione pubblica dei beni comuni e demaniali
Tutte le proposte che sono emerse verranno prese in considerazione e studiate nella loro realizzazione dal prossimo Comitato provinciale. Ritengo importante, però, proporre alla platea del congresso una progetto che coinvolga la struttura nazionale: è necessario che l’ANPI istituisca una scuola di democrazia, con corsi, stages e campi estivi aperti agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori e delle università; che metta a disposizione dei premi e delle borse di studio; che costruisca una rete antifascista con tutti gli Istituti storici, con i musei della Resistenza e con le fondazioni intitolate ai padri della Repubblica: fondazione Ferruccio Parri, fondazione Pietro Nenni, fondazione Antonio Gramsci, fondazione Lelio Basso, fondazione Piero Calamandrei, fondazione Sandro Pertini, Fondazione Ugo La Malfa, fondazione Alcide de Gasperi, e tante altre. Il progetto deve essere integrato dalla collaborazione dei Comitati Provinciali. In questo modo l’ANPI acquisterà maggiore attenzione, diverrà un motore culturale e sarà largamente presente in mezzo alla popolazione.
Per chiudere questa relazione, parlo di due iniziative legislative molto importanti che interessano la nostra Associazione:
· presso il Consiglio Regionale è stato depositato dal partito della Rifondazione Comunista un progetto di legge per la costruzione di un museo della Resistenza. In linea di principio noi siamo favorevoli, però non è previsto il nostro coinvolgimento né nella realizzazione e neppure nella futura gestione. Prima che sia aperta la discussione in aula, abbiamo chiesto delle audizioni istituzionali a tutti i gruppi consiliari, ed anche alla Presidente Regionale. Con l’ Onorevole Catiuscia Marini abbiamo già avuto l’incontro sottolineando la suddetta deficienza, ma abbiamo insistito sulla necessità e sull’importanza di aprire anche in Umbria un museo della Resistenza, perché i nostri riferimenti tangibili alla Guerra di Liberazione, dopo la stagione dei Partigiani, saranno solo i segni e i reparti che riusciremo a conservare;
· alcuni parlamentari del centro destra hanno depositato il 28 aprile 2010 alla Camera dei Deputati il disegno di legge 3442 che riapre la vetusta disputa di paragonare i repubblichini ai Partigiani. L’ANPI e tutte le forze combattentistiche e d’arma si sono già mobilitate per fare ritirare la proposta, ma noi chiediamo che l’ANPI Nazionale apra una campagna presso tutte le sezioni e un dibattito presso i partiti, le Istituzioni e il mondo dell’associazionismo, affinché si colpisca giuridicamente e storicamente, non solo la sostanza dell’argomento, ma anche la metodologia, in quanto è la terza volta, ormai, che viene effettuato questo tentativo.
Gli intenti propositivi sono tanti e il campo d’azione é molto vasto: il nuovo Comitato provinciale e la nuova Segreteria avranno molti obiettivi sui quali lavorare: mi auguro e spero che qualcuno, possa essere realizzato.
Grazie a tutti dell’ascolto che mi avete concesso.
Perugia, sala audizioni CGIL Regionale, 12 marzo 2011 – Giovanni Simoncelli
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